Contrariamente a quanto si possa pensare, il Betting Exchange non è una invenzione moderna. O meglio: i concetti di “puntare” e “bancare” su un avvenimento e la conseguente salita o discesa di una quota, non sono una invenzione moderna. Alcune scoperte archeologiche hanno dimostrato che le prime civiltà, migliaia di anni prima di Cristo, erano solite dedicarsi alle scommesse e al gioco d’azzardo.
La stessa parola “azzardo” deriva dall’arabo Zarah (dado), francesizzato in Hasard. Infatti le prime scommesse vennero fatte su giochi come dadi e carte. Poi vennero le scommesse sportive: nell’Antica Grecia, e successivamente a Roma, era consuetudine scommettere su pugili, lottatori, gladiatori, o sulle corse delle bighe e delle quadrighe (antesignane delle nostre corse ippiche). Molti autori greci e latini ci parlano di questi “picchetti” ante litteram: luoghi ove era possibile effettuare scommesse su quote che venivano decise dal “picchettaro” in base all’affluenza e agli spostamenti di denaro. Ovviamente non c’era un metodo scientifico dietro questo sistema: le quote e le scommesse erano spesso frutto di umori, sensazioni, o di “dritte”. Anche gli scandali come il doping o le combine erano abbastanza frequenti. Se si veniva scoperti, però, vi era il pubblico ludibrio e confisca delle vincite.
Il Betting Exchange più simile a quello che conosciamo oggi vide la luce in Inghilterra, nel XIX secolo, ed era riferito alle scommesse di cavalli. E’ stata proprio l’ippica, infatti, lo spartiacque nel mondo delle scommesse. Ed è tristemente singolare dover evidenziare che proprio il settore ippico versa in gravissima crisi, soprattutto in Italia.
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